La presa di decisione in gruppo: attenzione agli errori!

Oramai ci è chiaro: a volte un gruppo tende a prendere decisioni poco razionali. È dunque necessario procedere con grande cautela prima di affermare che le decisioni del gruppo siano sempre migliori di quelle del singolo solo perché derivano dalla condivisione di capacità e idee da parte dei singoli membri. In uno dei precedenti articoli, vi abbiamo parlato del fenomeno del groupthink e di come possa risultare dannoso per aziende ed organizzazioni. Come promesso, torniamo a descrivere ulteriori errori decisionali individuati da Reid Hastie e Cass Sunstein1, utili a comprendere meglio alcune dinamiche del processo di decision-making di gruppo.

Il gruppo si polarizza

In seguito a momenti di condivisione, i membri che compongono un gruppo tendono ad assumere posizioni più estreme rispetto a quelle che avevano in precedenza. Se, ad esempio i singoli componenti di un gruppo sono inizialmente propensi a correre un rischio, è più probabile che dopo averne discusso tra loro la propensione al rischio diventi più accentuata; al contrario, se i membri di un gruppo sono tendenzialmente prudenti, tenderanno ad esserlo ancora di più dopo averne discusso in gruppo.

Facendo un esempio in ambito lavorativo, poniamo il caso che alcuni membri di un’azienda siano chiamati a stimare (su una scala da 1 a 10) la probabilità che una certa quantità di pezzi sarà venduta in un determinato anno. Se la media delle stime dei singoli membri prima di parlarne in gruppo è 7, dopo il momento di condivisione, tenderà ad assestarsi su valori superiori a 7; in modo speculare se la media iniziale è 3, è probabile che si sposti successivamente verso valori inferiori a 3.

Perché questo avviene? Ci sono tre principali ipotesi. La prima riguarda i segnali informativi. Dal momento che ciascun membro del gruppo presta attenzione alle argomentazioni degli altri, se le discussioni iniziano orientandosi in una certa direzione (ad esempio, lo stimare un’alta probabilità di vendita) gli altri membri del gruppo tenderanno a dare importanza a quelle argomentazioni e ad allinearsi (confermare un’alta probabilità di vendita). In secondo luogo, è probabile che i membri del gruppo cadano nella tentazione di conformarsi alla posizione dominante per preservare l’immagine che gli altri hanno di loro. Infine, ricevere consenso da parte degli altri tende ad aumentare la fiducia nelle proprie convinzioni e questo porta a sviluppare posizioni ed opinioni ancora più radicali.

Il gruppo si focalizza su ciò che i propri membri conoscono già

Il gruppo arriverebbe a risultati abbastanza corretti se le informazioni a disposizione di ciascun membro fossero condivise. Sfortunatamente questo di solito non avviene. Al contrario, nei momenti di condivisione di gruppo, il focus è di solito posto sulle informazioni che tutti i membri già possiedono, quelle comuni a tutti, mentre le informazioni di cui solo pochi membri sono a conoscenza vengono del tutto ignorate. È dunque probabile che le prime avranno più influenza sulle decisioni del gruppo rispetto alle seconde.

Questo effetto può chiaramente giocare brutti scherzi sul luogo di lavoro. È stato ad esempio mostrato sperimentalmente2 come, nel caso in cui un team debba scegliere quale candidato assumere, fornire ai membri differenti pezzi di informazione sui candidati possa portare a decisioni non ottimali. Quando le informazioni positive su un candidato vengono fornite a tutti i membri del gruppo e quelle negative solo ad alcuni, il candidato preso in esame avrà maggiori probabilità di essere scelto. In altre parole, le informazioni negative sul candidato vincente non saranno prese sufficientemente in considerazione dal gruppo, che baserà le sue decisioni prevalentemente sulle informazioni di cui tutti sono in possesso.

Spesso è dalle decisioni prese dai gruppi che dipende il futuro di un’organizzazione. La buona notizia è che i bias decisionali – dei singoli membri e del gruppo nel suo complesso – sono sistematici e, in quanto tali, prevedibili dagli scienziati del comportamento. Conoscere e prevedere le trappole in cui il gruppo può incappare durante il processo di decision-making è essenziale per fare in modo che il gruppo resti “sulla buona strada”. Coinvolgere architetti delle scelte ed esperti del comportamento umano nella progettazione di ambienti di lavoro che sostengano le buone decisioni di gruppo è ciò che serve alle organizzazioni per migliorare le scelte che i propri membri quotidianamente compiono.

FONTI

1 Hastie, R. & Sunstein, C.R. (2014). Making Dumb Groups Smarter. Harvard Business Review. https://hbr.org/2014/12/making-dumb-groups-smarter

2 Abele, S., Stasser, G. & Vaughan-Parsons, S.I. (2005).  Information Sharing, Cognitive Centrality and Influence among Business Executive During Collective Choice. ERIM Report Series Reference. https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=800211