Nudging e Boosting a confronto: un esperimento in contesto ospedaliero

di Francesco Bianchi

Un interessante articolo1 pubblicato recentemente su Behavioral Scientist sottolinea come cambiare un comportamento è un’operazione davvero sfidante e gli scienziati ed architetti delle scelte che se ne occupano hanno quindi bisogno di crearsi una cassetta degli attrezzi ben fornita. Uno degli strumenti più diffusi in questo campo è il Nudge: sottili modifiche all’ambiente in cui le persone si trovano a prendere le decisioni  permettono di modulare i comportamenti senza limitare la libertà di scelta degli utenti. Ma non è l’unico.

I ricercatori hanno recentemente promosso l’efficacia di una differente modalità di intervento comportamentale: il Boosting. A differenza del Nudge in questo caso non si interviene sull’ambiente per generare il cambiamento, ma si mira a potenziare gli individui per permettere loro di decidere e di agire in modo più consapevole ed efficace.

Alla base di ogni strumento di cui si avvalgono le scienze del comportamento c’è il concetto di razionalità limitata degli esseri umani, che ci spiega la difficoltà di far coincidere le intenzioni con il nostro effettivo operato, troppo spesso soggetto a pregiudizi e difetti del processo decisionale.

Progettando un intervento, ricordano gli autori dell’articolo, si dovrebbe tenere sempre conto della razionalità limitata come fosse una costante di vita. A quel punto, l’Architettura delle Scelte modifica al meglio l’ambiente decisionale per guidare gentilmente le persone nella direzione desiderata. Il Boosting sostiene che la razionalità limitata sia malleabile e le persone possano imparare come superare i propri naturali trabocchetti ​​​​cognitivi. Per cambiare i comportamenti, quindi, è utile concentrarsi sulle capacità del decisore e sulle sue azioni.

È importante in primis identificare l’obiettivo dell’intervento, così da utilizzare l’approccio più efficace. Ogni tecnica ha infatti dei pro e dei contro. Il Nudge porta con sé alcune perplessità in merito all’autonomia lasciata al decisore (quello che Thaler e Sunstein definiscono “Paternalismo Libertario”), ma è rapidamente applicabile ed il più delle volte è molto economico. D’altra parte, se l’obiettivo di un intervento non è solo quello di cambiare il comportamento ma di cambiare il processo cognitivo dell’individuo, è improbabile che i nudge siano lo strumento migliore. I Boost, al contrario, agiscono sui processi cognitivi dell’individuo ma richiedono una certa motivazione e capacità di insegnamento da parte del boostee (la persona oggetto dell’intervento) e possono rivelarsi inadatti a situazioni dove non è possibile investire buone quantità di tempi e risorse.

Sebbene si siano spesi fiumi d’inchiostro in discussioni e dibattiti sul confronto fra l’efficacia del Nudging e del Boosting, non abbiamo tutt’oggi a disposizione alcuna evidenza scientifica che permetta di preferire uno all’altro.

Come presentato nell’articolo di Behavioral Scientist, di recente alcuni ricercatori hanno ideato un esperimento che tentasse di confrontare direttamente questi strumenti. In un grande ospedale olandese è stato condotto un quasi-esperimento preregistrato sul campo riguardante un comportamento specifico: l’osservanza dell’igiene delle mani tra gli infermieri.

L’igiene delle mani è fondamentale per prevenire le infezioni tra i pazienti ospedalieri. Tuttavia, per gli operatori sanitari ci sono molti protocolli e regole da seguire: non sorprende che l’igiene delle mani possa essere una vera sfida per loro. Gli studi mostrano che molti operatori sanitari rispettano questo protocollo solo all’incirca la metà delle volte.

Spesso tra gli operatori sanitari sono presenti anche alcuni pregiudizi in merito: il pregiudizio dell’ottimismo, ad esempio, può far sì che si sottovalutino i rischi associati alla mancata pulizia delle mani; il senso innato delle persone per l’autonomia può, allo stesso modo, ridurre la compliance.

Partendo quindi da queste informazioni è stato possibile per i ricercatori identificare due principali barriere comportamentali specifiche per gli infermieri ospedalieri: le percezioni negative del protocollo di igiene delle mani, visto come oneroso e la mancata comprensione delle conseguenze derivanti dalla non conformità nell’applicazione del protocollo.

Per migliorare la compliance relativa all’igiene delle mani, i ricercatori hanno strutturato un intervento basato sul Nudging ed uno basato sul Boosting. Entrambi gli interventi prevedevano l’affissione di poster, appesi in 10 punti ben visibili nei reparti ospedalieri, e la distribuzione di volantini nelle sale dedicate alla pausa. I supervisori hanno poi informato gli infermieri via e-mail che ci sarebbe stato un confronto focalizzato in particolare sul protocollo di igiene delle mani nell’ospedale.

Per il Nudge si è cercato di prendere di mira il complesso protocollo legato all’igiene delle mani. È stato utilizzato lo slogan “In buone mani”, attraverso cui si è attuata un’azione di reframe: da una concezione negativa dell’igiene vista come un ulteriore  onere, lo slogan ha permesso di costruire una cornice positiva attorno all’igiene delle mani, mostrata come momento di cura nei confronti del paziente.

L’intervento di Boosting, al contrario, si è focalizzato sulla scarsa consapevolezza degli infermieri circa i rischi derivanti dal non rispettare il protocollo. L’obiettivo dell’intervento è stato, quindi, quello di potenziare le strategie di decision-making degli infermieri, utilizzando lo slogan “Previeni le infezioni”. Successivamente, nei poster e nei volantini è stata inserita una citazione contenente i risultati di una ricerca sulla prevenzione del rischio di infezione. La citazione in questione (“1 su 20 pazienti ospedalieri riceve un’infezione ospedaliera”) contiene le frequenze, ritenute più efficaci rispetto alle percentuali.

Una volta scelti tre reparti ospedalieri, i ricercatori hanno proceduto ad assegnare casualmente ciascun reparto ad una delle due condizioni sperimentali (Intervento di Nudging vs Intervento di Boosting) e al gruppo di controllo (reparto che non ha ricevuto nessun intervento).

Per valutare la compliance al protocollo si è seguito un metodo di osservazione validato, che consiste nell’osservazione del  lavaggio delle mani da parte degli operatori sanitari in un periodo di tempo prestabilito. Si è misurata la compliance al protocollo prima e durante l’intervento e una settimana dopo il termine, in seguito alla rimozione degli strumenti di Nudging e di Boosting dai reparti.

In due pre-test, la compliance all’igiene delle mani variava tra il 44 e il 57 percento nei tre reparti. Dopo l’intervento, i risultati mostrarono che il Nudge inizialmente aumentò la compliance fino quasi al 90%, ma il suo effetto si è esaurito rapidamente dopo la rimozione degli stimoli dai reparti (diminuendo fino al 75%). L’aumento dell’alfabetizzazione al rischio ottenuta con l’utilizzo di un Boost invece ha portato a una compliance del 77%, che è rimasta stabile per almeno una settimana ed è addirittura aumentata al termine dell’intervento fino ad arrivare all’80. La compliance misurata nel reparto di controllo si attestava tra il 55 e il 61% al post-test.

Questa ricerca ci mostra che sia i Nudge che i Boost sono strumenti efficaci negli interventi comportamentali in generale e, in questo caso specifico, per promuovere l’igiene delle mani. I risultati ci mostrano punti di forza per entrambi gli approcci: un’immediata efficacia dei Nudge ed un effetto più duraturo dei Boost.

Nonostante i limiti dello studio dovuti principalmente alla scarsa numerosità campionaria e alla difficoltà di separare nella pratica ciò che è Nudge e ciò che è Boost, gli autori hanno condiviso delle riflessioni interessanti.

 
In primo luogo, si dovrebbe essere consapevoli della necessità di  innovare gli interventi comportamentali, piuttosto che limitarsi a replicare i classici. Pensiamo, ad esempio, alla possibilità di includere non solo interventi sui bias, ma di tenere conto anche delle recenti scoperte in merito agli errori non sistematici, quelli che vengono definiti Noise (Sunstein, Kahneman & Sibony, 2021)2.
In secondo luogo, è importante rendersi conto delle importanti potenzialità di interventi di questo tipo in ambito sanitario. La sanità è uno dei settori con il maggior rischio di burnout e al momento si sta lavorando in tutto il mondo proprio per comprendere come gli interventi comportamentali possano aiutare ad alleviare la pressione sul lavoro e ad aumentare il benessere occupazionale. Viste anche le recenti sfide poste dalla pandemia, che rendono ancora più rilevanti temi come quello dell’igiene delle mani, emerge con chiarezza sempre maggiore come quella dell’Architetto delle Scelte (esperto di Nudging e di Boosting) sia una figura chiave per dare risposte concrete a bisogni emergenti, in ambito sanitario come in molti altri settori.

FONTI

1Van Roekel, H., Reinhard, J. & Grimmelikhuijsen, S. (2021). Building the Behavior Change Toolkit: Designing and Testing a Nudge and a Boost. Behavioral Scientist. https://behavioralscientist.org/building-the-behavior-change-toolkit-designing-and-testing-a-nudge-and-a-boost/

2Sunstein, C.R., Kahneman, D. & Sibony, O. (2021). Noise. A flaw in human judgement. HarperCollins Publishers.