Negli ultimi anni, l’uso delle scienze comportamentali nelle politiche pubbliche ha subito una significativa evoluzione, diventando uno strumento chiave per migliorare l’efficacia degli interventi governativi e aziendali. In un contesto sempre più complesso, i policy-maker sono alla ricerca di soluzioni che permettano di affrontare sfide globali come il cambiamento climatico, la salute pubblica e la sostenibilità economica in modo più efficiente e mirato. La comprensione dei processi decisionali umani ha portato ad un approccio innovativo: L’Economia Comportamentale.
Questa disciplina mira alla comprensione profonda del comportamento degli esseri umani che, senza divieti o incentivi finanziari, vengono pungolati ad adottare comportamenti maggiormente virtuosi per sé stessi e per la comunità.

Finora, molta dell’attenzione in questo campo si è concentrata sui nudge, piccole modifiche contestuali che orientano le persone verso determinate opzioni di scelta, preservando però la loro libertà decisionale (Thaler & Sunstein, 2008)¹

Spesso, tuttavia, non è possibile applicare modifiche contestuali che guidano, il più delle volte inconsapevolmente, verso il comportamento corretto. Esiste un approccio complementare al Nudging: il Boosting, che punta a migliorare le competenze decisionali delle persone per consentire loro di effettuare scelte più consapevoli. Interventi che, in sintesi, permettono agli individui di affrontare in modo autonomo decisioni complesse².

Differenze tra nudging e boosting

Il concetto di boosting si distingue chiaramente dal nudging per il suo obiettivo principale: migliorare le competenze decisionali degli individui, consentendo loro di agire in modo autonomo e consapevole. Mentre i nudges orientano il comportamento agendo sul contesto, senza modificare le capacità decisionali delle persone, i boosts mirano a sviluppare le abilità necessarie per prendere decisioni informate e ponderate.

I boosts consistono nel progettare, adottare o insegnare l’uso di euristiche, scorciatoie e strategie decisionali semplici ma efficaci in contesti appropriati, dove la complessità può essere ridotta, come suggerito dal concetto di razionalità ecologica³ coniato dallo psicologo Gerd Gigerenzer. Queste euristiche si trasformano in regole pratiche, facilmente interiorizzabili e pronte all’uso con un minimo sforzo cognitivo. Una volta assimilate, queste regole aiutano ad adottare nuovi comportamenti e abitudini utili nei più disparati contesti decisionali.

In particolare, i boosts riguardano micro-decisioni frequenti, che devono essere prese rapidamente e che, senza il supporto di euristiche, potrebbero portare a errori, compromettendo la qualità delle scelte. Le euristiche frugali, derivate dall’esperienza e dai dati, agiscono come un motore decisionale: sono semplici, facili da memorizzare e specifiche per il contesto. Inoltre, sono adattabili e modificabili in base alle nuove informazioni acquisite dall’ambiente: se ci accorgiamo che la regola non funziona più, la modifichiamo in base all’esperienza e continuiamo a utilizzarla fino alla prossima modifica necessaria.

Esempi pratici di boosts nella vita quotidiana includono:

  • Per evitare di esporsi al sole nelle ore più calde: “se la mia ombra è più corta di me, non sto al sole”.
  • Per prevenire acquisti impulsivi quando si fa la spesa: “non faccio mai la spesa a stomaco vuoto”.
  • Per mantenere una dieta sana: “mangio cinque porzioni di frutta e verdura al giorno; una porzione è quanto sta nel palmo della mia mano”.

Risulta qui molto chiaro come queste regole puntano ad ampliare le competenze cognitive e pratiche, offrendo strumenti che permettono agli individui di esercitare una maggiore autonomia decisionale.

Questa distinzione si basa su due approcci contrastanti alla comprensione del comportamento umano. Da un lato, vi è la visione, prevalente nella psicologia americana, che descrive l’essere umano come un agente limitatamente razionale – prospettiva sostenuta da Daniel Kahneman, premio Nobel per l’Economia nel 2003. Dall’altro, vi è l’approccio europeo, rappresentato da Gerd Gigerenzer, direttore del Max Planck Institute for Human Development di Berlino, che vede l’individuo come capace di migliorare le proprie decisioni, purché gli vengano forniti gli strumenti adeguati.

Quando utilizzare il Boosting?

Nel processo di scelta tra boost e nudge, è essenziale considerare una serie di criteri che influenzano l’efficacia di questi interventi. Di seguito, vengono delineate 6 regole⁴ (potremmo dire regole frugali) che possono guidare questa decisione.

  1. Capacità cognitive e motivazione
    Se gli individui non hanno la capacità cognitiva o la motivazione necessaria per acquisire nuove competenze, il nudging potrebbe essere più efficiente.
    Ad esempio, se una politica richiede che i cittadini imparino a fare inferenze complesse o a elaborare informazioni statistiche (come nel caso delle decisioni sanitarie), senza un’adeguata motivazione o capacità, il boost potrebbe non funzionare. In questi casi, l’adozione di strategie che richiedono minore sforzo cognitivo cosciente da parte dei soggetti, come i nudges, potrebbe risultare più efficace.
  2. Incertezza sugli obiettivi delle persone
    Se non siamo sicuri riguardo agli obiettivi delle persone o se esiste una marcata eterogeneità di obiettivi nella popolazione, il boosting potrebbe essere meno soggetto a errori.
    I nudges si basano sull’ipotesi che l’ideatore dell’intervento sappia quale sia il miglior risultato per gli individui. Quando gli obiettivi sono incerti o divergono all’interno della stessa popolazione, il boosting si dimostra più appropriato​.
  3. Trasparenza dell’intervento
    Se il successo di un nudge dipende dal fatto che rimanga poco trasparente o invisibile per l’individuo, potrebbe non rispettare i criteri etici di reversibilità e potrebbe essere considerato paternalistico.
    I boost, al contrario dei nudge, richiedono necessariamente il coinvolgimento e la consapevolezza delle persone, rendendoli interventi più rispettosi dell’autonomia personale. In contesti dove la trasparenza è fondamentale, i boosts offrono vantaggi etici significativi rispetto ai nudges​.
  4. Protezione dalle architetture delle scelte tossiche
    Se siamo in presenza di architetture delle scelte manipolative o dannose (come la pubblicità ingannevole o pratiche commerciali poco trasparenti), il boosting è uno strumento di protezione più efficace.
    Aumentando la competenza decisionale degli individui, si rende possibile contrastare architetture delle scelte manipolative (i cosiddetti sludge, approfonditi qui da un nostro articolo, fornendo una difesa attiva contro questi interventi esterni​).
  5. Durata e generalizzabilità dei comportamenti
    Se l’obiettivo del decisore politico è promuovere comportamenti duraturi e generalizzabili, il boosting è spesso preferibile.
    I boosts, fornendo competenze che possono essere applicate in molteplici contesti, tendono a generare comportamenti più stabili rispetto ai nudges, che sono spesso limitati al contesto specifico in cui vengono implementati. Ad esempio, una regola efficace per la scelta di cibi sani potrebbe essere più efficace a lungo termine rispetto a una mensa scolastica ri-progettata​.
  6. Conseguenze non previste
    Se esiste il rischio di conseguenze impreviste e indesiderate derivanti da un intervento, è necessario valutare attentamente l’alternativa.
    Sia i boosts che i nudges possono avere effetti collaterali non intenzionali; tuttavia, poiché i boosts mirano a fornire competenze generali piuttosto che modificare specifici comportamenti, potrebbero avere un impatto meno soggetto a conseguenze negative non anticipate​​.

Queste regole forniscono una guida pratica per aiutare i decisori, politici e non, a scegliere tra nudging e boosting, considerando non solo l’efficacia degli interventi ma anche il loro impatto etico e la promozione dell’autonomia.

Fonti

[1] Thaler, R. H., & Sunstein, C. R. (2009). Nudge: La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità. Feltrinelli.

[2] Hoffrage, U., Lindsey, S., Hertwig, R., & Gigerenzer, G. (2000). Medicine: Communicating statistical information. Science, 290(5500), 2261-2262. DOI: 10.1126/science.290.5500.2261

[3] Gigerenzer, G. (2011). Heuristic decision making. Annual Review of Psychology, 62, 451-482.

[4] Hertwig, R. (2017). When to consider boosting: some rules for policy-makers. Behavioural Public Policy, 1(2), 143–161. doi:10.1017/bpp.2016.14

[5] https://abetterplace.it/sludge-il-lato-oscuro-del-nudge-esempi-e-soluzioni/