L’Economia Comportamentale ha come obiettivo principale la modifica comportamentale, verso fini desiderati, mettendo assieme gli strumenti offerti da discipline diverse: Psicologia, Neurologia, Sociologia, Economia, ecc. Come ognuno di noi avrà sicuramente sperimentato durante il corso della sua vita, riuscire nell’impresa non è affatto facile. Sicuramente, uno dei più influenti ed utilizzati modelli di cambiamento del comportamento è il modello EAST[1], sviluppato nel 2012 dal Behavioral Insight Team (BIT), Nudge Unit che si occupa di studiare come le persone prendono decisioni e di realizzare interventi di Economia Comportamentale e Nudging in contesto anglosassone.
Il modello è molto semplice; per incoraggiare la messa in atto di un comportamento è necessario rendere quest’ultimo:

  • Facile (Easy)
  • Attraente (Attractive)
  • Sociale (Sociale)
  • Tempestivo (Timely)

Tutti e quattro questi aspetti rivestono un’importanza cruciale a seconda del tipo di comportamento in esame. Siamo tutti d’accordo che più un comportamento è semplice, più è probabile che venga messo in atto, così come è vero che meno un comportamento ci appare attraente e divertente, meno ci saranno probabilità di vederlo attuato. Basti pensare, ad esempio, a quanto poco attraente ci può apparire un gambo di sedano posto a fianco di una fetta di torta al cioccolato. Vero è, anche, che siamo animali sociali (per Yuval Noah Harari, famoso sociologo e scrittore, siamo addirittura al livello successivo, animali culturali[2]) e, in quanto tali, amiamo riprodurre comportamenti altrui. Qualora, nonostante la vostra esperienza personale, doveste essere ancora scettici al riguardo, gli esperimenti sul conformismo di Asch[3] e Sherif[4], solo per citarne alcuni tra i più famosi, vi potrebbero far cambiare idea.
Tempestivo, infine, sta a significare che: “Gli individui rispondono in modo diverso agli stimoli a seconda del momento in cui essi vengono proposti[5]”. Questo conduce a due considerazioni fondamentali e distinte:

  1. Gli stimoli sono più o meno efficaci in base a dove e quando vengono proposti;
  2. Gli esseri umani sono più o meno ricettivi in base a dove e quando gli stimoli vengono  incontrati e percepiti.

Qualche esempio ci è sicuramente di aiuto: se volessimo incoraggiare a prendere le scale piuttosto che l’ascensore, l’intervento sarebbe più efficace se il pungolo (un cartello, una targhetta, …) venisse posto vicino a, per l’appunto, alle scale o all’ascensore, piuttosto che all’entrata dell’edificio; o ancora, se volessimo diminuire lo spreco d’acqua sarebbe sicuramente più utile agire appena prima che essa rischi di venire sprecata, ad esempio prima di una doccia.

Il concetto risultante è che le nostre prestazioni cognitive non sono uguali durante tutti i momenti del giorno. Questo può apparire scontato, a tratti lo è. Tuttavia, meno scontato è che negli ultimi anni si siano susseguite una serie sbalorditiva di ricerche scientifiche[6] che continuano a dimostrare come il comportamento degli esseri umani sia sistematicamente diverso in base ai diversi momenti della giornata. La parola sistematicamente qui comporta una differenza sostanziale. “Sistematicamente” si può, infatti, tradurre in “prevedibile”, e quando un comportamento è prevedibile c’è ampio spazio per una modifica comportamentale.

Cosa significa che siamo sistematicamente diversi in base al momento della giornata? Nel 2015, alcuni ricercatori hanno intrapreso uno studio[7] sulla frequenza di igienizzazione delle mani in 36 ospedali statunitensi. In tutto sono stati coinvolti nella rilevazione 4000 operatori sanitari che, nel corso dello studio, hanno avuto un’opportunità (stimata) di igienizzarsi le mani pari a 14 milioni di volte (frequenza registrata grazie a dei dispenser opportunamente modificati). I risultati non sono stati incoraggianti. In media, gli operatori sanitari hanno lavato le mani meno della metà delle volte che hanno avuto opportunità di farlo. Ancora peggio, e qui sta l’oggetto del nostro interesse, la maggior parte di loro erano meno propensi a lavarsi le mani nel pomeriggio rispetto che al mattino. Da una relativa diligenza durante la mattina si raggiungeva l’incompetenza il pomeriggio: questo, in termini numerici, si è tradotto in un calo del 38% nel “lavarsi le mani”. Brutte notizie, disastrose, se consideriamo le conseguenze umane ed economiche di questo trend .

Gli autori allo studio affermano che: “La diminuzione delle frequenza di igienizzazione delle mani che abbiamo rilevato durante un tipico turno di lavoro contribuirebbe, nel corso di un anno, a circa 7500 infezioni evitabili, con un costo annuo di circa 250 milioni di dollari nei 34 ospedali inclusi in questo studio”. Allargando virtualmente questi numeri a tutti gli ospedali degli Stati Uniti i numeri appaiono allucinanti: “600.000 infezioni evitabili con un costo annuo sulla sanità di 12,5 miliardi di dollari. Ultimo, ma non per importanza, 35.000 morti potenziali assolutamente evitabili.”

Perché questa discesa nella frequenza di igienizzazione nel pomeriggio? È stato più volte dimostrato che la maggior parte degli esseri umani raggiunge il picco delle sue abilità cognitive al mattino; nel pomeriggio, per contro, si verifica una depressione delle stesse che poi tende a risalire verso sera[8][9]. A dimostrazione di ciò, uno studio[10] ha addirittura scoperto che somministrare test scolastici il pomeriggio porta ad avere risultati peggiori (a parità di altri fattori), rispetto agli stessi svolti in mattinata.
Lo stesso identico pattern si riscontra anche negli stati d’animo e nell’equilibrio emotivo. Una serie di studi[11][12] ha confermato che tendenzialmente ci sentiamo più felici durante la mattina, nel primo pomeriggio si verifica un declino che, in seguito, risale progressivamente fino a tornare ai livelli mattinieri in tarda serata. Qui sotto un grafico esemplificativo di questa tendenza.

https://executive-coaching.co.uk/newsletters/managing-energy-not-time/

Parlando di decision-making, queste informazioni risultano fondamentali: Se, ad esempio, dovessimo compiere negoziazioni o fare chiamate di lavoro impegnative, sarebbe opportuno decidere di farlo di prima mattina piuttosto che nel pomeriggio. Tornando, per esempio, allo studio con cui ho aperto la discussione inerente all’ambito sanitario, i dati ci dicono che spostare la maggior parte delle operazioni chirurgiche durante il mattino ridurrebbe infezioni, morti e spese economiche facilmente evitabili.

Chi non fosse nuovo a studi di economia comportamentale, conoscerà di certo il problema di Linda[13], famoso esperimento ideato da Daniel Khaneman (Psicologo, Premio Nobel per l’Economia nel 2003), il quale dimostra un bias sistematico chiamato errore di congiunzione. Non mi dilungo nei dettagli ma, come è facilmente intuibile arrivati a questo punto, è stato dimostrato come anche questo task raccolga più risposte corrette nel caso in cui venga somministrato la mattina anziché il pomeriggio[14].

Cosa fare?

Possibile che non ci siano soluzioni? Si tratterebbe, dunque, di riempire le nostre mattinate con attività laboriose, stare con le mani in mano nel pomeriggio e riprendere il da farsi verso l’inizio della sera?
Per fortuna una soluzione c’è: il break ristorativo, una semplice pausa.
Per illustrare il potere delle pause sul nostro sistema cognitivo propongo, di seguito, un semplice grafico:

Pink, D., H., When: The Scientific Secrets of Perfect Timing, Riverhead Books, New York, 2018

Il grafico illustra i risultati di uno studio[15] del 2011 nel quale sono state esaminate le decisioni di alcuni giudici Israeliani nel corso di una giornata di lavoro. All’inizio della giornata, i giudici si sono pronunciati a favore dei prigionieri circa il 65% delle volte. Con il passare delle ore le sentenze favorevoli sono progressivamente diminuite e, in tarda mattinata, la loro frequenza ha rasentato lo zero. Indipendentemente dal crimine, un prigioniero sentenziato alle 9 di mattina aveva una probabilità più alta di ottenere libertà rispetto a chi fosse stato sentenziato alle 11:45. Dal grafico si nota un’inversione di tendenza indotta dal break delle 12. A quel punto le sentenze tornano ad essere più favorevoli, accostandosi alle percentuali della prima mattina, per poi scendere ancora fino all’arrivo del secondo break, e così via. Nel tribunale oggetto di studio, la decisione di non dare la libertà era l’opzione di default, ovvero la decisione che viene presa “in automatico”, a meno che i giudici si esprimano a riguardo. Più la performance cognitiva peggiora, più ci si ancora all’opzione di default (default bias).
I benefici dei break in momenti strategici della giornata sono stati dimostrati in contesti diversi: dalla cura geriatrica[16], al management strategico ed al benessere lavorativo[17], fino alle prove di volo dei piloti della Nasa[18].
Come accade nella fenomenologia dei bias più conosciuti che troviamo in letteratura, un fattore che dovrebbe essere indipendente dalle scelte (in questo caso l’orario della giornata in cui la scelta viene compiuta) ha un impatto notevole sulle stesse.

Risulta di fondamentale importanza, per un’architettura delle scelte ottimale, considerare le differenze sistematiche dovute al fattore “quando” e costruire degli interventi che tengano in considerazione che non decidiamo ed agiamo allo stesso modo in momenti differenti della giornata. In un ipotetico continuum delle capacità cognitive, più ci avviciniamo al pomeriggio, più ci scostiamo dal famoso econe della teoria economica classica. Fondamentale diventa non solo COME prendiamo una decisione ma anche QUANDO: un semplice cambio orario, o una piccola pausa ristorativa, potrebbero trasformarsi in nudge, spinte gentili molto efficaci.
La prossima volta che siamo in procinto di compiere una decisione o dobbiamo svolgere un compito particolarmente gravoso, fermiamoci a riflettere su che ora del giorno sia: è davvero il momento giusto?

Fonti

[1] https://www.bi.team/publications/east-four-simple-ways-to-apply-behavioural-insights/

[2] Harari, Y. N., 21 Lezioni per il XII secolo. Bompiani, Milano (2019)

[3] Asch, S.E. (1951) “Effects of group pressure upon the modification and distortion of judgments”. Organizational influence processes.

[4] M Sherif (1935). A study of some social factors in perception. Archives of Psychology, Columbia University.

[5] https://www.bi.team/publications/east-four-simple-ways-to-apply-behavioural-insights/

[6] Pink, D., H., When: The Scientific Secrets of Perfect Timing, Riverhead Books, New York, 2018

[7] Hengchen Dai et al., “The Impact of Time at Work and Time at Work and Time Off from Work on Rule Compliance: The Case of Hand Hygiene in Health Care,” Journal of Applied Psychology 100, no. 3 (2015): 846-62.

[8] Jing Chen, elizabeth demers, and Baruch Lev, “Oh What a Beautiful Morning! Diurnal Variations in Executives’ and Analysts’ Behavior: Evidence from Conference Calls.”

[9] Carolyn B. Hines, “Time-of-Day Effects on Human Performance,” Journal of Chatolic Education 7, no. 3 (2004): 390-413, citing Tamsin L. Kelly, Circadian Rhythms: Importance for Models of Cognitive Performance, U.S. Naval Health Research Center Report, no. 96-1 (1996): 1-24

[10] Hans Henrik Sievertsen, Francesco Gino, and Marco Piovesan, “Cognitive Fatigue Influences Students’ Performance on Standardized Tests,” Proceedings of the National Academy of Sciences 113, no. 10 (2016): 2621-24

[11] Peter Sheridan Dodds et al., “Temporal Patterns of Happiness and Information in a Global Social Network: Hedonometrics and Twitter,” PloS ONE, 6, no. 12 (2011): e26752;

[12] Maryam Kouchaki and Isaac H. Smith, “The Morning Morality Effect: The Influence of Time of Day on Unethical Behavior,” Psychological Science 25, no. 1 (2014): 95-102;

[13] A Tversky, D Kahneman (1983). Extensional versus intuitive reasoning: The conjunction fallacy in probability judgment. Psychological review.

[14] Galen V. Bodenhausen, “Stereotypes as Judgmental Heuristics: Evidence of Circadian Variations in Discrimination,” Psychological Science 1, no. 5 (1990): 319-22

[15] Danziger, S., Levav, J., Pesso, L., A., Extraneous factors in judicial decisions, National Acad Sciences (2011)

[16] Johannes Wendsche et al., “Rest Break Organization in Geriatric Care and Turnover: A Multimethod Cross-Sectional Study,” International Journal of Nursing Studies, 51, no. 9(2014): 1246-57

[17] Hannes Zacher, Holly A. Brailsford, and Stacey L. parker, “Micro-Breaks Matter: A Diary Study on the Effects of Energy Management Strategies on Occupational Well-Being,” Journal of Vocational Behaviour 85, no. 3 (2014): 287-97

[18] Mark R. Rosekind et al., “Crew Factors in Flight Operations 9: Effects of Planned Cock-pit Rest on Crew Performance and Alertness in Long-Haul Operations,” NASA Technical Report Server, 1994.