Secondo le più recenti ricerche neurologiche, solo l’1% della corteccia cerebrale è coinvolta nella percezione del gusto[1]. È possibile mai che una porzione così piccola della nostra mente abbia un impatto cognitivo così forte sulla nostra esperienza cosciente? Come economisti comportamentali, sappiamo bene che la nostra percezione di uno stimolo non dipende solo dallo stimolo in sé ma anche dal dove, come e quando viene percepito. Insomma, dipende dal contesto!

Negli ultimi due decenni è nata una nuova disciplina scientifica, che si colloca a metà tra le scienze della nutrizione e la psicologia cognitiva, che cerca di capire come il contesto impatti sulla nostra esperienza alimentare: la Gastrofisica.

La Gastrofisica si definisce come “lo studio scientifico di quei fattori che influenzano l’esperienza multisensoriale mentre vengono consumati cibo e bevande[2]”. L’approccio innovativo della disciplina sta nell’adottare una visione “cross-modale” degli stimoli: qualsiasi cosa stia avvenendo in uno dei nostri sensi inevitabilmente influenza anche gli altri.

Esattamente come successe con il libro “Nudge. La Spinta Gentile” di Richard Thaler e Cass Sunstein, anche le ricerche riguardanti questa nuova disciplina sono salite alla ribalta grazie ad un testo scientifico che racchiude decenni di studi e ricerche sperimentali tra le più disparate: “Gastrophysics. The New Science of Eating”[Gastrofisica. La nuova scienza dell’alimentazione], scritto dal professor Charles Spence, esperto di esperienza multisensoriale e design sperimentale, ricercatore a capo del Laboratorio di Ricerca Cross-Modale della Oxford University. Il professor Spence, tra le altre cose, ha scoperto che mangiare le ostriche con un sottofondo sonoro marino ce le fa percepire più salate e saporite[3]!

In questo libro, oltre che mere curiosità, sono riassunti risultati strabilianti, a tratti rivoluzionari che  possono aiutarci a prendere decisioni migliori e, soprattutto, più consapevoli  con maggiore efficacia ed efficienza, in materia di alimentazione (benessere, riduzione dello spreco alimentare, riduzione di cibo poco salutari…) e non solo!. Senza dimenticare l’importanza cruciale che può rivestire nell’Architettura delle Scelte!

I RISULTATI DELLA GASTROFISICA, IN BREVE

Qui di seguito vi riportiamo alcuni degli insight più utili (risultati di numerosi trial sperimentali) tratti dal libro appena citato che possono rivelarsi efficaci per la costruzione di un contesto che supporta il raggiungimento di obiettivi specifici.

  • Aumentando la croccantezza del cibo (nello specifico spuntini, frutta e verdura) la freschezza e la qualità percepita aumentano[4];
  • Cambiando il nome ad una pietanza (senza modificare nient’altro) è stato possibile aumentarne le vendite fino al 1000% in più (fenomeno chiamato dall’autore “Nudging by Naming”) in numerosi supermercati del Nord America, UK e Australia; In questo caso specifico il nome originale, un poco invitante “Austromerluzzo delle Patagonia”, è stato cambiato in “Branzino Cileno”. [5]
  • Utilizzando tecniche di neuroimaging è stato dimostrato come la semplice convinzione di star consumando un prodotto di un marchio alimentare famoso è legata ad una stimolazione dei centri del piacere maggiore rispetto a quanto avviene nel consumo di un prodotto comune;[6]
  • L’aroma ha un forte impatto sul gusto percepito e sul senso di sazietà (per approfondire a livello anatomico si veda “olfatto ortonasale e retronasale”). In un esperimento è stato dimostrato come le persone tendono a consumare sistematicamente il 10% in meno di salsa al pomodoro se la stanza è preventivamente aromatizzata al pomodoro;[7]
  • La dolcezza percepita di una pietanza aumenta fino al 10% se questa viene consumata in un piatto circolare (meglio se bianco) e se il colore del packaging o del prodotto consumato è tendente al rosa;[8]
  • I piatti rossi, rispetto a quelli di altri colori, fanno calare il consumo di cibo[9];
  • I piatti piccoli, rispetto a quelli grandi, possono diminuire il cibo consumato fino al 15%[10];
  • Utilizzando delle posate con texture particolare (qualsiasi cosa si differenzi dalle classiche posate di alluminio o plastica) è possibile ridurre il cibo consumato (e stimolare allo stesso tempo la pratica del Mindful Eating[11])[12];
  • Utilizzando posate più pesanti del normale la qualità del cibo percepita aumenta, assieme alla disposizione a pagare un prezzo più alto[13];
  • È possibile stimolare l’appetito utilizzando un match tra il colore del cibo e la luce ambientale (è possibile avere anche l’effetto contrario, cioè ridurre l’appetito, utilizzando una combinazione di colori complementari, come ad esempio pietanza rossa e luci verdi o cibo arancione e illuminazione blu)
  • Le persone mangiano di media il 15% in più se lo fanno con la televisione accesa[14];
  • Mangiare in compagnia riduce sensibilmente lo spreco di cibo (a questo proposito alcuni ristoranti hanno adottato un’architettura particolare così da non favorire la consumazione dei pasti in solitudine). Ad avvalorare questo dato, secondo una survey del governo inglese datata 2013, le persone che vivono da sole tendono a buttare il 40% di cibo in più rispetto a chi vive con altri[15];
  • Sfruttando la teoria del picco/fine[16] dello psicologo Daniel Khaneman è possibile ridurre sostanze poco sane come sale e zucchero, rendendole disponibili solo al primo e all’ultimo boccone, mantenendo inalterata la valutazione dell’esperienza gustativa;
  • È possibile migliorare la qualità percepita del menu dei ristoranti diminuendo le scelte ad un numero ideale di sette, coerentemente sia al ben documentato Choice Overload Bias[17], sia alla teoria dello psicologo George Miller dall’articolo “The Magical Number Seven, Plus or Minus Two: Some Limits on Our Capacity for Processing Information”[18], dove lo psicologo statunitense sostiene che la nostra capacità di elaborare e memorizzare le informazioni sia limitata a circa sette elementi (più o meno due), indipendentemente dalla loro complessità

CONCLUSIONI

Risulta evidente come sia possibile manipolare la percezione di quello che mangiamo (a fin di bene!), utilizzando le conoscenze della psicologia cognitiva per applicare nudge creativi. Sfortunatamente, esiste anche il pericolo di sludge, ovvero di barriere che impediscono alle persone di agire in accordo ai loro obiettivi di benessere e felicità, e dell’utilizzo di queste conoscenze per scopi alternativi (come, ad esempio, incrementare il numero di vendite di un prodotto poco sano ma molto profittevole). È di importanza cruciale renderci conto che cambiare il comportamento non è semplicemente questione di informare le persone di cosa sia buono o meno per loro o che cosa sia sostenibile per il pianeta terra. Sono necessarie una moltitudine di strategie alternative in grado di pungolare gli individui verso comportamenti alimentari più sostenibili e sani; strategie che devono tenere in considerazione come la nostra percezione del cibo venga costruita per la maggior parte cognitivamente, nella mente, non nella bocca. Il Food Hacking, l’utilizzo delle conoscenze provenienti dalla Gastrofisica per cambiare il comportamento, ha la possibilità di diventare sempre più presente nella cultura contemporanea perché, come piace pensare a noi Economisti Comportamentali, non è questione di se, ma come predisporre qualcosa (in questo caso, il cibo). Se possiamo (e possiamo!) costruire il contesto migliore per migliorare il benessere e lo stile di vita, perché non farlo?

Fonti

[1] C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK

[2] C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK

[3] C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK, Pag. 208

[4] M. L. Demattè et al., “Effects of the sound of the bite on an apple perceived crispness and hardness”, Food Quality and Preference, 38 (2014), 58-64

[5]  C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK, Pag. 6

[6] S.M. McClure et al., ‘Neural correlates of behavioral preference for culturally familiar drinks’, Neuron, 44 (2004), 379-87

[7] M. G. Raemaekers et al., “Aroma exposure time and aroma concentration in relation to satiation”, British journal of Nutritions, 111 (2014), 554-62

[8] C, Spence, “Assessing the influence of shape and sound symbolism on the consumer’s response to chocolate”, New Food, 17 (2) (2014), 59-62

[9] C, Spence (2018), Gastrophysics. The New Science of Eating. Penguin Random House UK, Pag. 48

[10] Van Ittersum K, Wansink B. Plate size and color suggestibility: the Delboeuf illusion’s bias on serving and eating behavior. Journal of Consumer Research 2012; 39: 215–228.

[11] Bays, J., C., Iaccarino Idelson, P.,  Mindfull eating. Per riscoprire una sana e gioiosa relazione con il cibo. Nuova ediz. Enrico Damiani Editore, Brescia (2021)

[12]W. Welch, J. Youssef & C. Spence, “Neuro-cutlery: The next frontier in cutlery design”, Supper Magazine, 4 (2016), 128-9

[13] C. Michel, C. Velasco & C. Spence, “Cutlery influences the perceived value of the food served in a realistic dining environment”, Flavour, 4:27 (2015)

[14] Mittal, D., Stevenson, R., J., Oaten, M., J., Snacking while watching TV impairs food recall and promotes food intake on a later TV free test meal (2011), Applied Cognitive psychology / Volume 25, issue 6 / p. 871-877

[15] Food Statistics Pocketbook 2013 – https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/315418/foodpocketbook-2013update-29may14.pdf

[16] Kahneman, D., B. L. Fredrickson, et al. (1993). “When more pain is preferred to less: Adding a better end.” Psychological science 4(6): 401.

[17] https://www.behavioraleconomics.com/resources/mini-encyclopedia-of-be/choice-overload/

[18] Miller, G. A. (1956). The magical number seven, plus or minus two: Some limits on our capacity for processing information. Psychological Review, 63(2), 81–97.