Le aspettative contano: come agisce la profezia che si auto-avvera sul luogo di lavoro

Di Chiara Curiale.

Il lavoro rappresenta il momento per eccellenza in cui dobbiamo dare prova della nostra razionalità, delle nostre capacità logiche e competenze cognitive: mentre lavoriamo non possiamo proprio permetterci di sbagliare.

Lo psicologo Daniel Kanheman, vincitore del Premio Nobel nel 2002 per “avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza»1, ci consiglierebbe di mettere in funzione – alla massima potenza – il nostro Sistema 2 mentre lavoriamo. Egli utilizza infatti una semplice metafora per illustrare la modalità di funzionamento della nostra mente: immaginiamo che essa sia divisa in due sistemi – Sistema 1 e Sistema 2. Il Sistema 1 opera in fretta ed automaticamente, senza richiedere sforzo e senza controllo volontario; il Sistema 2, invece, si attiva in tutte quelle situazioni che hanno bisogno di attenzione e concentrazione – come il lavoro, per l’appunto. È un meccanismo che funziona bene, la maggior parte delle volte. Eppure, il Sistema 2, che dovrebbe avere il compito di monitorare il Sistema 1, è stato definito da Kahneman un “controllore pigro”2. Tradotto in termini pratici, spesso ci capita di prendere decisioni e formulare giudizi seguendo i suggerimenti del Sistema 1: usiamo scorciatoie di pensiero (euristiche) che ci fanno cadere in errori sistematici (bias). Questo fa di noi degli esseri non così tanto razionali come pensiamo di essere, anche quando ci sforziamo al massimo. Quando lavoriamo non mettiamo in pausa il Sistema 1 e le nostre scelte in ambito lavorativo non sono esenti dalle distorsioni di giudizio. Al contrario, ci facciamo enormemente influenzare dal contesto – fisico, sociale, verbale – in cui prendiamo le decisioni.

Cosa succede quando gli errori di giudizio colpiscono Leader e Manager dalle cui scelte dipende il destino – e benessere – di molti lavoratori?

L’articolo3 scritto dal The Decision Lab ci mostra chiaramente un esempio delle conseguenze che la razionalità limitata di chi lavora al vertice di imprese, aziende ed organizzazioni può avere in ambito lavorativo.

Immaginatevi questo: Sarah e Jennifer sono due impiegate altrettanto brave che lavorano per la stessa azienda e hanno lo stesso responsabile. Una mattina, Jennifer scopre che l’azienda ritiene che Sarah sia un’impiegata dall’alto potenziale. Due mesi dopo il fatidico giorno, le valutazioni delle due lavoratrici mostrano un notevole miglioramento della performance di Sarah, che ha raggiunto livelli altissimi, mentre quella di Jennifer è rimasta del tutto invariata. Tra loro non è cambiato assolutamente nulla, tranne il fatto che una delle due è stata inclusa tra i famosi high potentials. Cosa è successo?

Vi sveliamo, a questo punto, un imprescindibile dettaglio della storia: l’etichetta di “alto potenziale” è stata assegnata casualmente a Sarah che, in realtà non possedeva alcuna qualità speciale in più rispetto a Jennifer. Ciò che è cambiato nei due mesi intercorsi sono solo le aspettative degli altri su di loro.

Gli esperti del comportamento considerano questo un tipico caso di Effetto Pigmalione o profezia che si auto-avvera: le aspettative che gli altri si formano su di noi modellano il nostro comportamento e la nostra performance.

Come funziona l’Effetto Pigmalione? Se chi ha il ruolo di leader o di team manager crede che un lavoratore sia “più dotato” degli altri lo tratterà coerentemente con le proprie aspettative, in maniera completamente inconscia. Questo si traduce in un maggior numero di stimoli, maggior entusiasmo, maggior incoraggiamento e fiducia. Il lavoratore, a sua volta, tenderà ad interiorizzare il giudizio e ad agire di conseguenza, in un circolo virtuoso che porta la persona a fare effettivamente meglio degli altri. I programmi pensati per impiegati ad alto potenziale possono, così, creare una profezia che si auto-avvera che, a sua volta, sarebbe in grado di spiegare il miglioramento prestazionale dei lavoratori verso cui tali programmi sono destinati.

Cosa succede però quando il nostro capo ci etichetta come “meno dotati” dei nostri colleghi? Se fossimo esseri perfettamente razionali le etichette non ci spaventerebbero e non avrebbero alcuna influenza su di noi. Dal momento che così non è, dobbiamo tenere in considerazione il valore aggiunto che l’Economia Comportamentale può apportare al nostro ambiente di lavoro. Applicare i principi delle scienze del comportamento e del Nudging in ambito organizzativo significa, tra le altre cose, migliorare i processi decisionali di chi si trova al vertice, prendendo consapevolezza dell’importanza che il disegno del contesto lavorativo ha per la performance di tutti i livelli sottostanti. Avere una leadership aziendale che sia allo stesso tempo architetto delle scelte della propria organizzazione può essere una combinazione vincente per il futuro dell’organizzazione stessa, che parte prima di tutto dal benessere e dalla performance dei propri lavoratori.

FONTI

1The Sveriges Riksbank Prize in Economic Sciences in Memory of Alfred Nobel 2002, su nobelprize.org.

2Kahneman, D. (2011). Pensieri lenti e veloci. Mondadori.

3Natasha, O. & El-Makkaoui, Z. The Decision Lab. Do High-Potential Employee Programs Work? https://thedecisionlab.com/insights/business/do-high-potential-employee-programs-work/