di Francesco Pozzi.
Che ruolo hanno i valori in un’organizzazione? Non si tratta solo di affermazioni ispirazionali da affiggere in bacheca: i valori rappresentano, da una prospettiva comportamentale, il vero e proprio cuore pulsante di un’organizzazione. Sono il suo motore: alimentano l’energia per muoversi e forniscono la direzione. In questo articolo esploreremo un modello in cinque fasi, che mostra come i valori possano (e debbano) essere strumenti quotidiani di lavoro, non semplici dichiarazioni formali. Lo faremo attraverso cinque domande-guida, ciascuna accompagnata da esempi concreti.
- Che cosa sono i valori?
Dal punto di vista delle scienze del comportamento, i valori sono regole. Ma non regole qualsiasi: sono regole che scegliamo attivamente, che adottiamo perché vogliamo orientare le nostre azioni in una certa direzione. Questo li distingue, ad esempio, dalle regole di compliance, come quelle relative alla sicurezza o alla qualità, che sono spesso imposte dall’alto e che richiedono un’adesione formale più che una partecipazione attiva.
Quando invece i valori sono scelti consapevolmente da un gruppo di persone, diventano strumenti potenti per guidare l’azione. La metafora più efficace per descrivere questa funzione è quella della bussola: i valori non ci dicono solo dove andare, ma ci aiutano a riorientarci anche quando perdiamo la rotta. Possiamo sbagliare gli obiettivi, possiamo cambiare strada, ma se abbiamo una bussola affidabile, possiamo ritrovare il nostro nord.
- Come mi oriento?
Una volta adottati, i valori devono diventare operativi. Una bussola funziona solo se la si guarda. Allo stesso modo, i valori sono utili solo se vengono resi presenti nella vita quotidiana dell’organizzazione. Questo richiede un lavoro costante di comunicazione interna, di narrazione e traduzione dei valori in linguaggi e contesti specifici.
Pensiamo, ad esempio, al processo di onboarding di una nuova persona. In quel momento, domande come “cosa è giusto fare?”, “che cosa conta qui?”, “che cosa viene prima?” sono centrali. I valori, se comunicati efficacemente, permettono a chi entra nell’organizzazione di iniziare a prendere decisioni in linea con la cultura aziendale fin dal primo giorno.
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Come mi comporto?
Come mi comporto?
I valori non vivono solo nei documenti strategici, ma nei comportamenti osservabili. Tradurre i valori in azioni è un passaggio delicato: ogni traduzione è un’interpretazione, e può essere più o meno fedele all’originale. Le scienze del comportamento ci invitano a porci una domanda fondamentale: “Che cosa mi vedi fare, qui ed ora, quando agisco secondo i miei valori?”
Questa domanda ci impone di rendere esplicito il legame tra i valori e i comportamenti, situandolo nel contesto specifico e nel tempo presente. Un esempio attualissimo riguarda l’introduzione dell’intelligenza artificiale nelle attività organizzative. Cosa significa, per un’organizzazione che si ispira a valori come trasparenza, responsabilità o inclusività, integrare strumenti di IA nei propri processi? Le risposte non sono mai valide in assoluto: variano in base al contesto storico, ai cambiamenti nel mercato e nella tecnologia.
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Cosa è più giusto fare?
Cosa è più giusto fare?
Dove ci sono valori, ci sono dilemmi. I valori infatti entrano spesso in conflitto tra loro: giustizia o efficienza? Cura del benessere dei collaboratori o responsabilità verso gli azionisti? In questi casi non c’è una risposta “giusta” in assoluto, ma è possibile costruire una gerarchia dinamica dei valori, che dipende dal contesto e dal momento.
Due esempi aiutano a illustrare la portata di questi dilemmi. Il primo riguarda un’azienda che decide di diventare società benefit: questo passaggio implica rivedere molte pratiche alla luce dei nuovi valori dichiarati, affrontando i conflitti tra interessi economici e impatto sociale. Il secondo esempio riguarda una startup cresciuta rapidamente premiando la performance individuale: quando la complessità aumenta e diventa necessario costruire team coesi, i leader devono passare da una logica individuale a una cooperativa, rivedendo profondamente il proprio sistema valoriale.
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I valori cambiano?
I valori cambiano?
Sì, i valori cambiano. Non sono scritti nella pietra, ma in un materiale più simile ad un ghiacciaio: si muovono lentamente, cambiano forma, a volte si spezzano. La metafora del ghiacciaio descrive bene questo processo di evoluzione continua: i valori si adattano, vengono aggiornati, riscritti, ridefiniti alla luce delle esperienze.
Oggi, più che in passato, stiamo vivendo una crisi dei valori condivisi. Le istituzioni tradizionali che storicamente fornivano una narrazione valoriale (famiglia, religione, Stato) sono meno centrali, e molte persone cercano nei contesti lavorativi un luogo in cui i valori siano chiari e coerenti. Questo ha un impatto diretto sulla talent acquisition: le persone si chiedono “quali sono i valori di questa azienda?”, “mi riconosco in essi?”, “sono sufficientemente robusti da sostenere le mie scelte professionali?”
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Un modello circolare: la Ruota dei Valori
Un modello circolare: la Ruota dei Valori
Abbiamo descritto un modello composto da cinque fasi, che si richiamano l’una con l’altra e che costituiscono un ciclo virtuoso: definizione, adozione, attivazione, gestione dei dilemmi, evoluzione. Questo modello, che chiamiamo Ruota dei Valori, rappresenta una guida concreta per lavorare con i valori in modo pragmatico e trasformativo.
I valori, insomma, non sono un passaggio obbligato da formalizzare nel business plan. Sono strumenti per orientarsi nella complessità, per guidare le azioni quotidiane e per costruire organizzazioni più sane, più coerenti, più capaci di adattarsi e prosperare nel tempo.
